Nel Salento esiste una ricetta antica, poco conosciuta al di fuori della regione, che conserva il sapore di tempi in cui ogni chicco contava: il grano pestato, detto anche “ranu stumpatu” nella tradizione grika.
È una preparazione povera ma ricca di memoria: un piatto che parla di resilienza, ingegno e sapienza contadina. Scopriamo insieme le sue origini, come si preparava e come è possibile gustarlo oggi.
Cosa tratteremo
Le radici storiche del grano pestato: quando e perché nacque
Le origini del grano pestato sono incerte, ma molti studi e racconti locali fanno risalire l’uso di questo metodo particolarmente al periodo della Seconda Guerra Mondiale, quando i mulini non erano accessibili e le famiglie dovevano arrangiarsi nei piccoli laboratori domestici.
Si narra che i contadini usassero mortai di pietra, chiamati “stumpaturu” in dialetto, per pestare i chicchi fino a ottenere una farina grossolana o una semola grezza: un modo per poter fare pasta o preparazioni simili anche in condizioni difficili.
In alcune zone della Grecìa Salentina, la tradizione di “ranu stumpatu” è più forte, come testimonianza di un’area che ha sempre mantenuto contatti culturali con la Grecia. Il nome stesso “stumpatu” deriva da “pestato”, un’immagine concreta del gesto manuale che rompe la cariosside del chicco.
Come si preparava: tecniche antiche e passaggi chiave
La preparazione del grano pestato richiedeva pazienza e metodo.
Innanzitutto si mettevano i chicchi in ammollo per ore, talvolta anche una notte, per ammorbidirli e consentire una lavorazione più efficace. Poi si scolavano e si collocavano nel mortaio, dove venivano pestati con un pestello di legno duro, spesso d’ulivo, esercitando colpi misurati per rompere la parte esterna del chiccosenza distruggerlo completamente.
Il processo si ripeteva: il grano veniva lavato, asciugato e pestato nuovamente. L’obiettivo era ottenere una texture morbida ma consistente, adatta a essere cotta come un legume. Dopo il “pestato”, il grano veniva cotto in acqua salata, in modo lento, fino a quando diventava tenero ma non sfatto.
Infine il condimento: l’olio extravergine, pomodoro e cipolla — ingredienti poveri ma capaci di esaltare quel sapore antico — completavano il piatto, talvolta con una spolverata di pecorino locale o un filo di pepe.
Il significato culturale: oltre il semplice piatto
Il grano pestato non è soltanto una ricetta: è memoria viva di un tempo in cui le comunità contadine dovevano fare molto con poco. Era la manifestazione di una cultura che trasformava la mancanza in soluzioni pratiche, dove ogni gesto aveva un peso simbolico.
Nei racconti orali, la lavorazione del grano pestato era accompagnata da canti e storie condivise, momenti di socialità che trasformavano la fatica in valore collettivo.
Oggi, riscoprirlo significa mettere in luce il legame con il territorio, le radici, l’identità culinaria di chi ha saputo resistere alle difficoltà.
La ricetta moderna del grano pestato
Oggi puoi provare a preparare una versione casalinga del grano pestato, adattando il procedimento antico agli strumenti moderni.
Ingredienti
- 500 g di grano pestato
- 500 ml di passata di pomodoro
- 50 g di pecorino grattugiato
- Qualche foglia di basilico fresco
- Olio extravergine d’oliva, sale e pepe nero
Preparazione
Per prima cosa metti il grano in ammollo in abbondante acqua per circa 10-12 ore. Questo passaggio serve ad ammorbidirlo e a renderlo più facile da lavorare. Una volta trascorso il tempo necessario, scolalo, asciugalo e trasferiscilo nel mortaio di pietra, dove andrà pestato con pazienza fino a rompere parzialmente la buccia esterna dei chicchi.
Lava di nuovo il grano, asciugalo e pestalo una seconda volta: lo scopo è ottenere una consistenza morbida ma non sfatta, perfetta per la cottura. Quando è pronto, lessalo in acqua salata per circa un’ora a fuoco dolce, finché non diventa tenero.
Nel frattempo prepara il sugo di pomodoro. In una pentola di coccio – quella tradizionale delle massaie salentine – versa un filo d’olio extravergine e aggiungi una cipolla tagliata finemente. Falla appassire dolcemente, poi unisci la passata di pomodoro e qualche foglia di basilico fresco. Lascia sobbollire a fuoco basso per circa 15 minuti, finché la salsa non si addensa e sprigiona tutto il suo aroma.
Quando il grano è cotto, scolalo e versalo nella pentola con il sugo. Mescola bene per far amalgamare i sapori e lascialo insaporire per qualche minuto sul fuoco.
Servi il grano pestato al sugo ben caldo, completando il piatto con una generosa spolverata di pecorino grattugiato e un pizzico di pepe nero.
Il grano pestato del Salento è l’essenza della cucina povera elevata a sapore. Manifesto di una resistenza che si nutre di terra, fatica e ingegno, oggi si può assaggiare e riattualizzare nella tua cucina. Preparare quel “ranu stumpatu” significa toccare con mano il racconto di uomini e donne che hanno trasformato la scarsità in dignità, mantenendo viva una tradizione che parla ancora forte nel profumo del grano e nel calore di un piatto condiviso.